Provare sentimenti spaventa. Si investe così poco nei rapporti che basta un sms per chiudere, all’improvviso, senza che una crisi sia stata affrontata o, quanto meno, compresa. Si vive alla giornata, incapaci di futurizzare, condividendo alcune piacevolezze, conservando un’ampia autonomia reciproca, rimanendo, fondamentalmente, concentrati sul proprio ombelico. Il legame va avanti finchè funziona da solo, senza complicazioni, senza progettualità, finchè dura. Il benessere individuale è troppo importante, non ci si vuole far carico dei problemi di un’altra persona, il noi è molto debole, si fugge davanti all’impegno.
L’innamoramento e l’entusiasmo iniziale e adrenalinico dell’inizio di una storia ci sono ancora, ma tutto cambia quando arriva il momento di pensare ad una convivenza, alla quotidianità, all’intimità. Dichiarare la propria indipendenza, per dimostrare a se stessi e agli altri di essere liberi, comporta l’evitamento ragionato di tutte quelle modalità tradizionali dello stare insieme.
La dinamica sociale è diventata troppo individuale, gli altri mi interessano nella misura in cui ne traggo benessere. Ci si incontra, spesso, con troppa vita alle spalle, propensi a provare emozioni forti da consumare rapidamente, prima che diventino sentimenti.
Le persone sono viste come impegnative anche quando non chiedono niente, come se il fatto stesso di esserci potesse diventare di per sè una complicazione. Si sfugge al confronto dialettico, l’altro ha la sola funzione di rimandarci un’immagine speculare, possibilmente photoshoppata, che ci confermi in noi stessi, perchè la diversità ci mette in discussione e ci destabilizza. Non viviamo le differenze come arricchimento, ma come ciò che ci priva di quelle poche tenaci e asfittiche sicurezze con cui teniamo unita un’identità immatura e vacillante.
L’ambiente, reale o virtuale, sembra offrire tante opportunità di incontri, si fanno cose e si vede gente, gli aperitivi veloci e itineranti sostituiscono la stanzialità delle cene seduti, ormai prerogativa di coppie ufficiali e noiose. La vaghezza e la mobilità rassicurano, tutto appare fluido, a portata di mano, senza sforzo e senza impegno. Il concetto di durata scompare nelle storie di instagram che si cancellano dopo ventiquattr’ore, così come i rapporti, attenti a non coinvolgersi troppo per non perdere tutte le potenziali occasioni.
Se quest’atmosfera disimpegnata interessa entrambi i sessi, col tempo le cose cambiano in modo inversamente proporzionale per gli uomini e per le donne.
Le potenzialità femminili, infatti, si riducono con l’età per fattori biologici e anche culturali e questo determina il desiderio di un rapporto stabile, che mette l’uomo in una posizione di forza. Le donne intorno ai quarant’anni, che ancora non hanno avuto figli, sono quelle più temibili e mettono l’uomo in fuga. L’impellente bisogno di maternità, anche quando sono donne di valore indiscusso, le mette in una condizione di soggezione rispetto ad un maschio, magari mediocre.
Le donne intorno ai cinquant’anni, di solito, sono single di ritorno. Quelle con matrimoni e figli alle spalle sono molto appetibili perchè non chiedono nulla e sono casadotate e automunite. La presenza dei figli, poi, garantisce da precoci convivenze e ritaglia spazi esclusivi di condivisione con conseguente libera uscita del fidanzato in alcuni giorni della settimana. Quelle che arrivano da lunghe storie inconcludenti, a cui hanno dedicato i migliori anni della propria vita, poi, sono sicuramente le più comode, perchè dotate di una capacità di sopportazione, comprensione e rassegnazione fuori dal normale, consolidatasi in estenuanti rapporti con Peter Pan, Narcisisti, Uomini impegnati ma indecisi. Pronte ad accogliere, con dedizione assoluta e risarcitoria, o ad aspettare, a realizzare, insomma, i desiderata del fortunato di turno.
Le potenzialità maschili, invece, sembrano crescere con l’età. Quello che a vent’anni era lo sfigato della comitiva, dopo i quaranta, se ha raggiunto un minimo di sicurezza economica, diventa affascinante e ricercato. Cinquantenni e sessantenni vivono una seconda giovinezza, anche se calvi e panciuti, perchè la legge della domanda e dell’offerta è a loro vantaggio. Chiamati a colmare i vuoti, sessuali e sentimentali, di donne rimaste sole, a volte molto più interessanti di loro, si permettono di temporeggiare, rifiutare, scomparire se necessario.
Un tempo la solidità del matrimonio garantiva le donne da questi rischi. A cinquant’anni i nostri genitori non andavano in palestra e non si facevano i selfie. Si godevano l’inizio del declino fisico, certi che l’investimento e le rinunce fatte da giovani, garantissero una vecchiaia condivisa e serena, che preservasse dal senso del ridicolo.
Quando gli uomini fuggono le donne si mostrano intenzionate a inseguirli. L’uomo in fuga acquista un valore che probabilmente non ha, e le donne che inseguono sono forse troppo disponibili a farsi deludere. Forse contente, sotto sotto, di non riuscire a raggiungere l’agognata preda, per evitare di farsene pienamente carico, traendo da queste storie a metà quella sottile insoddisfazione che fa sentire vivi, quelle emozioni adolescenziali, quel batticuore, ricordo di una lontana giovinezza, che sembra ritornare a farci visita, come se il tempo si fosse fermato. Perchè, è inutile negarlo, ogni Peter Pan ha la sua Wendy.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.