- Molti si scelgono più sulla base della paura che su quella della curiosità e del piacere. Non sanno bastare a se stessi, stare da soli, senza essere presi dal panico, senza affidarsi alla prima persona che passa, pur di stare in compagnia. Stare in coppia, non necessariamente in modo simbiotico, ma avere semplicemente il pensiero di un altro, effettivamente importante, che esiste per noi, ci aiuta a non sentirci persi. E’ come se avessimo bisogno di continue conferme, gli altri fungono da contenitore, ci danno quei confini rassicuranti che riducono la nostra ansia.
- La vita sembra avere senso solo se ricca di eventi condivisi, di cose da fare, un vero e proprio horror vacui.
La verità è che non ci si considera un oggetto interessante, un interlocutore possibile di se stessi, le cose hanno senso solo se fatte con qualcuno.
Ma per frequentare l’amore vero bisogna imparare a rischiare la solitudine, l’abbandono, il senso di noia. Possiamo chiamare amore, infatti, i rapporti che nascono per riempire compulsivamente il vuoto lasciato da qualcun altro? Possiamo credere che siano capaci di amare quelle persone che passano da un grande amore ad un altro nel giro di un tempo sempre troppo breve per immaginare una seria elaborazione del dolore? E quanta amara consapevolezza avrà chi si sente immediatamente sostituito, in una intercambiabilità che di umano ha ben poco. Sicuramente un innamoramento così repentino è possibile solo perchè la voglia di amare precede l’amato, il bisogno diventa la sua soluzione. La materializzazione dell’amato è solo il secondo stadio di un bisogno preesistente di amare qualcuno, la brama d’amore dà forma ai suoi lineamenti e il desiderio vi si cristallizza intorno. Ma la parte onesta che è in noi cercherà sempre di svelare l’inganno. Non mancheranno i momenti in cui dubiteremo che l’amato sia nella realtà come lo tratteggiamo nella nostra mente, si affaccerà il sospetto che sia solo un’allucinazione, che ci siamo inventati per evitare il crollo inevitabile che deriva dallo stare senza amore. Relazioni fondate su una menzogna, perché chiamiamo amore la nostra dipendenza affettiva, il nostro bisogno di sentirci pensati per esistere, la necessità di filtrare, attraverso l’altro, la frustrazione che una realtà non conforme ai nostri desideri ci provoca. Relazioni che risultano essere la somma, senza unione, di due solitudini, vite costruite intorno ad una voragine, storie che nascono dal vuoto, e che sono destinate a finire nel vuoto. Bisogna diffidare di chi ci dichiara subito amore assoluto, riempie di foto i social, è pronto a trasferirsi armi e bagagli nella nostra vita senza condizioni. Il sospetto è che non ne abbia una sua di vita, e che l’amore sia chiamato a risolvere ben altre problematiche. È importante capire se quella che stiamo vivendo è una storia incentrata sull’unicita della nostra persona, o se è la modalità d’amare che il nostro amante applica con chiunque. I collezionisti seriali di grandi amori, a qualsiasi età, andrebbero censiti da un’anagrafe apposita, per consentire a chi li incontra la serenità di giudizio di accettarli, se proprio si vuole, con beneficio d’inventario.
Se anche ti lascerò per breve tempo, solitudine mia, se mi trascina l’amore, tornerò, stanne certa, i sentimenti cedono, tu resti. ( A. Merini)
Essere soli e sentirsi soli sono due cose profondamente diverse. Sentirsi soli anche se si ha qualcuno accanto è sicuramente più doloroso del non avere qualcuno a cui dire buongiorno. La vera solitudine è non essere pensati, non essere visti da chi amiamo. A quel punto meglio un’orgogliosa libertà, anche se condita da attimi di sconforto.
La solitudine, d’altra parte, è la percezione di un vuoto, il più delle volte non reale, ma creato dalla nostra mente, che dipende dalle nostre strutture interiori e dal grado di maturazione a cui siamo giunti. A volte ci sentiamo pericolosamente esposti, timorosi delle critiche, e abbiamo bisogno di uno sguardo di approvazione che l’amante ci garantisce, facendoci sentire protetti. Ma è solo una sensazione, una nostra costruzione. Stare da soli non è così terribile se lo viviamo come un’eventualità all’interno di un ventaglio di possibilità.
Come cantava Gaber:
La solitudine non è mica una follia è indispensabile per star bene in compagnia.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.