Sai quando ti accorgi di essere diventata vecchia? Quando diventi invisibile. Quando quegli sguardi, che prima seguivano ritmicamente il tuo ancheggiare lento, ti oltrepassano. Quando il sorriso ammiccante, che ti accoglieva all’arrivo in ogni luogo, diventa un saluto di cortesia appena accennato: Buongiorno signora, e rimpiangi la maleducata sfacciataggine con cui tutti ti davano del tu.
La visibilità non dipende dalla bellezza, ma dal desiderio. E’ il desiderio che muove l’aria, ed è la giovinezza, quella scia di energia spudorata, che accende il desiderio.
Visibilità e desiderio appartengono ad una certa stagione della vita, e non ad un’altra, inutile inseguirli. Voler restare giovani, scegliere un’età e pretendere di fissarla, immobile, per impedirle di cambiarci è un’illusione. Chi, infatti, vuole restare in un punto del suo sviluppo, non resta fermo ma regredisce, indietreggia ad uno stadio infantile, diventa superficiale e immaturo.
Il guaio è che se tutto cambia fuori di noi, niente cambia dentro di noi. Il dramma del diventare vecchi, infatti, è continuare a sentirsi giovani. Accorgersi della propria decadenza fisica avviene molto dopo il momento in cui la notiamo nei nostri amici, e avviene all’improvviso. Lo specchio, infatti, ci rimanda quotidianamente l’avvento di cambiamenti così impercettibili, che riusciamo a compensarli con la memoria e lo sguardo benevolo che riserviamo a noi stessi. Sono gli altri che ci indicano che niente è come prima.
La vecchiaia, prima che un fatto biologico è un fatto culturale, uno stile di vita imposto dall’esterno, dalla società che relega i vecchi ai margini, in uno spazio ridotto, oltrepassato il quale si diventa vanitosi e ridicoli. Così scopri che ci sono cose che non puoi più fare, per fortuna sono, quasi sempre, quelle che non ti piacciono più. Lo scopo del tempo, infatti, è farti svolgere negli anni il tuo tema. Man mano che si cresce cambiano le idee, le modalità di relazione e di divertimento, si diventa sempre più diretti, più se stessi, più liberi.
Ma il rimpianto riempie i giorni più vuoti. Non riusciamo più ad amare il nostro corpo, perchè lo guardiamo sempre con gli occhi del desiderio dell’altro, allucinandolo con bisogni di bellezza e giovinezza da soddisfare. I fianchi si arrotondano, il punto vita per molti diventa un lontano ricordo, lo sguardo si spegne, le rughe circondano il sorriso, gli acciacchi aumentano e ce ne lamentiamo con gli amici, un giorno si riesce a fare bisboccia, come qualche anno prima, ma il the day after è ben diverso, il recupero è più lento. Dal mondo esterno ti ritiri, lentamente, nel tuo mondo interiore. Meno viaggi, meno feste, meno novità. Una noia sottile compare anche nelle vite ancora piene di impegni, perchè, inevitabilmente, si rallenta e, negli anni, ci si accomoda in routine piene, ma sempre uguali. Le abitudini rassicurano ma incatenano. La noia non deriva necessariamente dal non fare nulla, ma dal modo diverso in cui facciamo le cose. Ha a che fare proprio con la perdita della frenesia giovanile, di, quell’eccitamento che rendeva una giornata diversa dall’altra, non necessariamente più piacevole, ma diversa. La curiosità, lo slancio di chi ancora deve fare tutto, lascia il posto ad un debole cinismo, a un non sentire più tanto il gusto della vita, a una sottile corteccia di insensibilità che accompagna quelle stesse attività del passato, ancora interessanti, ma prive della stessa risonanza. La chiamano serenità della vecchiaia.
In genere rimango con l’uomo di turno per un considerevole periodo di tempo. Questa tendenza non è sintomo di mancanza di immaginazione ma di prudenza. E’ un problema cambiare partner: bisogna inventarsi nuove strategie per vedersi a ore impensate, comprare biancheria sexy per dissimulare la cellulite, farsi carico delle sue fantasie erotiche. E’ una seccatura e, quasi sempre, non ne vale la pena.( I.Allende)
Si rallenta anche nei rapporti amorosi. L’inquietudine lascia il posto ad una realistica visione della natura umana, che con gli anni non cambia, semmai, peggiora. Se il corpo sa come prendersi il suo piacere, è naturale che l’inesorabile cambiamento fisico richieda una certa capacità di supplire con l’immaginario.
Ad ogni modo disfarsi in compagnia è meglio che da soli, se si ha la fortuna di aver raggiunto un amore stabile, si può sperare in un appagamento sessuale durevole, contando su quello stato di perfetta invisibilità che donano gli amori lunghi, quell’intimità così profonda che ti toglie la capacità di vederti come corpi nudi, separati dall’odore, dal tepore, dall’anima dell’altro.
Al netto delle rivendicazioni sociali, per far restituire alla vecchiaia quel ruolo centrale di trasmissione del sapere che, in quest’era tecnologica, appartiene ormai ai giovani; al netto delle rivendicazioni biologiche, per riuscire a rallentare un processo inesorabile, il più delle volte trasformandosi nella caricatura di se stessi; al netto delle rivendicazioni psicologiche, per cercare di compensare con l’equilibrio e l’autenticità la perdita dell’entusiasmo e della curiosità, resta una sola cosa da fare, difficile ma di grande sollievo, dimenticare tutto, soprattutto il fatto di essere stati giovani.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.