Rimanere famiglia dopo il divorzio

La famiglia è un microcosmo in cui i sentimenti degli uni influenzano, inevitabilmente, quelli degli altri. L’intimità che si crea in anni di condivisione di esperienze ed emozioni genera un linguaggio speciale, fatto non solo di parole ma anche di toni, di gesti, di silenzi. Quando l’equilibrio si rompe, anche se in modo impercettibile, tutti lo sentono. Tuttavia è difficile avere immediatamente coscienza di ciò che sta accadendo. Spesso ci portiamo dentro cose che non vogliamo confessare neppure a noi stessi. Il malessere di coppia, infatti, si manifesta in modo latente, finchè un evento lo porta alla luce divenendo un punto di non ritorno. Il desiderio di mantenere intatta la realtà affettiva e la rete di abitudini e relazioni, che le si era costruita intorno, porta i figli, la famiglia d’origine, gli amici stretti a negare l’urgenza della decisione, che appare sempre inaspettata e non sufficientemente ponderata, sia che la coppia abbia dato di sè l’immagine della perfezione alla Mulino Bianco, sia che abbia trascorso gran parte del tempo a litigare, con una modalità considerata, comunque, inoffensiva.

Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. ( L.Tolstoj)

Le separazioni richiedono tempo. Il periodo di incertezza tra la decisione e la sua realizzazione può essere molto lungo e logorante. Una sera può capitare di ritrovare una certa armonia, come se non fosse successo niente, e il giorno dopo ritrovarsi in un’atmosfera tesa e opprimente. I figli si sentono trascurati perchè, anche se i genitori risolvono tutti i loro problemi pratici, sono lontani emotivamente. Si fanno progetti a breve scadenza, ma non si ha il coraggio di programmare le vacanze. Si rispettano i riti sociali e familiari, attenti a non lasciar trasparire nulla, ma non si sa più come parlarsi, c’è tensione nell’aria, basta una parola inopportuna per scatenare il dramma. La fine di un matrimonio è sempre il punto d’arrivo di un distacco progressivo, di tentativi di discussione su problemi, che soluzioni provvisorie non aggiustano.

Ci vogliono almeno due anni per ritrovare un certo equilibrio, dopo la rottura definitiva. Traslocare, imparare a gestire da soli i figli, affrontare le questioni legali, ricostruire una rete di rapporti amicali e sociali, è un grande stress. Chi se ne va si assume la responsabilità di una scelta che dovrà cambiare la vita dei suoi figli, e dovrà dimostrare una certa determinazione, che gli altri percepiranno come una grande forma di egoismo. Chi subisce la decisione sentirà tutto il peso di dover rinunciare alla sua vita per crearne un’altra, di cui non sente l’esigenza. Resterà a lungo intrappolato nel passato, e dovrà faticare per inventarsi un nuovo se stesso.

Il divorzio emotivo, è vero, non coincide con quello legale. Il legame non scompare a comando e può continuare ad unire i due ex, sia pure sotto forma di scontri, critiche, richieste economiche. Tanto più forte è stato il legame, tanto è più difficile perdonare l’altro di non amarci più, o di averci indotti a non amarlo più, di aver investito tanta parte della nostra vita e di noi stessi su qualcosa che è fallito miseramente. Il conflitto ci restituisce, per opposizione, quell’identità che sentiamo di aver perso con il coniuge. Tuttavia, se l’altro non può essere cancellato dalla nuova vita, non deve avere più il potere di rovinarcela, e questo dipende solo dallo spazio emotivo che decidiamo di concedergli.

Ci sono uomini e donne che privilegiano se stessi e la propria vita sentimentale e si dedicano totalmente al nuovo partner, lo impongono immediatamente ai figli, saltando passaggi essenziali del loro adattamento alla nuova situazione.

Altri, invece, che considerano i figli la parte più importante della loro vita, faticano a rifarsene una con un nuovo partner, rimandando convivenze, cercando di rispettare i loro tempi, le inevitabili gelosie, a discapito dell’entusiasmo che una nuova relazione richiederebbe.

Con i figli è difficile non sbagliare, sono i nostri  giudici più severi, e se da piccoli sembrano accettare ogni cosa, perchè sono dipendenti dall’amore dei genitori e cercano di compiacerli in tutti i modi, da adulti li rimprovereranno aspramente per quello che hanno dovuto accettare controvoglia. Il conto di una separazione, in termini di serenità, si paga sempre, anche se per alcuni, all’inizio, è potuto sembrare più facile che per altri ricominciare.

Nel bene o nel male quel nucleo ormai distrutto resta l’unica famiglia che i nostri figli possono avere, finchè non se ne formeranno una propria. Bisogna evitare che si sentano intrappolati nel conflitto di lealtà tra i due genitori. Non devono sentirsi costretti a prendere le parti dell’uno o dell’altro, non devono sentire un genitore svalutare l’altro in loro presenza, non devono essere strumentalizzati per punire il coniuge.

Il divorzio deve avere un senso, anche per loro. Deve rappresentare la soluzione dei conflitti, il diritto di essere tutti felici di nuovo, non solo la fine dell’unità familiare. I figli devono poter dare un senso al loro dolore per far guarire le proprie ferite, e continuare ad odiarsi e a litigare non li aiuta.

Gli adulti non possono permettersi di non essere tali, di non rappresentare dei modelli a cui ispirarsi. Si può divorziare dal partner, ma dai figli non si divorzia.

Anche se quel piccolo universo quotidiano non esisterà mai più, e il senso di perdita sarà sempre molto forte, la famiglia è sempre una, formata da tanti pezzi, non più da uno solo. Il divorzio non distrugge la famiglia, la ingrandisce, la trasforma in un insieme di relazioni molteplici. Un luogo aperto, un ambiente domestico, pronto ad accogliere e a riscaldare, pur nella sua diversità.