Il più difficile non è il primo bacio ma l’ultimo. La fine di un amore è sempre una lacerazione, e se chi viene lasciato subisce la sofferenza, tanto più dolorosa in quanto, il più delle volte, inaspettata, chi lascia si logora nell’indecisione, nel senso di colpa, nel dolore di dover ferire qualcuno con cui ha condiviso tanto.
Il vero inferno è la sofferenza di non riuscire più ad amare( F.Dostoevskij).
Ci sono molti modi per dirsi addio ma il peggiore è sicuramente restare.
Lasciare qualcuno che non si ama più è, in realtà, un ultimo grande atto d’amore. Tutti abbiamo diritto di essere amati e di essere felici e chi tiene legato a sè una persona che non vuole più, per paura di assumersi la responsabilità della scelta, del cambiamento, dell’ inevitabile sofferenza, compie un atto di grande egoismo. E’ come se si mettesse un’ipoteca sulla vita dell’altro, impedendogli quella felicità che magari, nel frattempo, noi si sta vivendo altrove. E cosa c’è di più terribile dello scoprire di aver vissuto una vita basata sulla menzogna e sull’illusione di essere amati?
Anche la mitologia narra l’abbandono come sofferenza ma anche come riscatto.
Arianna, innamorata di Teseo, dopo averlo aiutato a uccidere il Minotauro e averlo seguito ad Atene, viene da questo abbandonata sull’isola mentre dorme. E tuttavia la sofferenza d’amore dura poco poichè giunge Dioniso che, vedendola così disperata, vuole sposarla.
Insieme a te non ci sto più, cantava Caterina Caselli, si muore un pò per poter vivere.
In un libro di Hanif Kureishi Nell’intimità, il protagonista descrive la sua ultima notte nella casa coniugale prima di andarsene. Una fuga la sua che evita le spiegazioni.
Non tornerò più in questa vita. Non posso. Forse dovrei lasciare un biglietto ma le parole sono azioni e fanno accadere le cose. Una volta che sono uscite dalla bocca non puoi farle più rientrare e io sono insicuro e impaurito. Ho cercato di convincermi che lasciare delle persone non è la cosa peggiore che puoi fare loro. Se non si lasciasse nessuno non ci sarebbe spazio per il nuovo. Andare avanti sarebbe un’infedeltà verso gli altri, verso il passato, verso la vecchia nozione di noi stessi.
Scomparire senza dire nulla, senza rispondere più al telefono, chat, mail si dice in inglese gosthing, diventare un fantasma. Un comportamento quello di chi utilizza questa modalità di abbandono che rivela una personalità egocentrica e per nulla empatica, lasciando l’altro privo degli strumenti necessari all’elaborazione della sofferenza.
Indubbiamente dire a qualcuno non ti amo più è un’esperienza difficile da affrontare. Sicuramente la tecnologia sembra venirci incontro, ma l’effetto di un sintetico sms è solo un pò meno cinico della mancanza di spiegazioni.
Non so se perchè a scriverlo è stata una donna, ma Alexis o il trattato della lotta vana di Marguerite Yourcenar è un capolavoro di sensibilità e delicatezza, nonostante sia una lunga lettera di addio che un uomo scrive alla moglie, la notte prima di lasciarla.
Ha ragione Lacan quando afferma che l’amore scritto da un uomo è sempre autoreferenziale( l’uomo ama essere amato), tragico e assoluto. L’amore scritto dalle donne, invece, sembra più quotidiano, arricchito di particolari minuziosi, le emozioni assolute vengono sfumate e le scelte estreme lasciano spazio alla sofferenza di tutti i giorni, ai dubbi sulla propria persona, alla paura di soffrire e far soffrire.
Una lettera, anche la più lunga, costringe a semplificare: si è sempre poco chiari quando si cerca di essere esaurienti. Se è difficile vivere, è ancora più difficile spiegare la propria vita. Però è un modo antico e profondo di comunicare che lascia il tempo di spiegare, soprattutto a se stessi, quello che si sta provando. E se ci fosse un modo giusto per dire addio, forse sarebbe questo:
Avrei fatto meglio a spiegarmi nell’intimità di una stanza, in quell’ora senza luce in cui si vede così poco da poter confessare quasi tutto. Ma ti conosco, sei molto buona, un racconto di questo genere ti porterebbe a compatirmi. Vorresti risparmiarmi una spiegazione così lunga, mi interromperesti e io avrei la debolezza, ad ogni frase, di voler essere interrotto.
Ti ho tradita, non ho voluto ingannarti. Avevo assunto nei tuoi riguardi impegni imprudenti che la vita avrebbe disdetto.
Ti chiedo scusa, il più umilmente possibile, non tanto di lasciarti, quanto di essere rimasto così a lungo.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.