L’abbandono senza spiegazioni: ansia da aspettativa
Nessuno promette tanto come quello che non manterrà. E non basta guardarsi bene dal fare promesse esplicite, il problema resta, comunque, il restare coerente con le premesse della relazione. Perchè, quando non si riesce più a rispondere alle aspettative create, si sceglie spesso la via più facile: la fuga, l’abbandono senza spiegazioni. Sentirsi inadeguati rispetto ad una situazione e ad un sentimento produce, infatti, un’ansia insostenibile. Vedersi proiettare addosso il dolore e la perdita di stima dell’altro spinge a rimandare indefinitamente il confronto. Alla fine si rinuncia a trovare il coraggio di dire le cose come stanno. La sofferenza dell’altro non conta, perchè io non lo vedo, il suo sguardo non mi trafigge.
L’auto-assoluzione
Il rigetto della responsabilità emotiva connaturata alla fine di una relazione porta all’auto-assoluzione. Ci si convince che lo si fa per il bene dell’altro.
Se telefonando fossi certa che non soffri, ti chiamerei. Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta ti guarderei. Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito.
Così cantava Mina, evitandosi, con il largo uso del condizionale, la rogna di dover dare spiegazioni a qualcuno che non si vuole più e che, in fondo, non si è mai amato. L’abbandono senza spiegazioni rivela, infatti, l’incapacità di amare, la mancanza di empatia. Non si è in grado di sentire l’urgenza di una risposta da parte di chi si vede cancellato e si avvita in una spirale di auto-svalutazione, sentendosi alla fine colpevole di tutto. Perchè è meglio pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato che di essere stati eliminati con sciatta indifferenza, non meritando neanche una parola, un litigio vero, che potesse eliminare la distanza e la sensazione di rifiuto.
Vigliaccheria
E’ una vigliaccheria dell’anima ignorare la stordita sofferenza che si genera. E’ una reazione, apparentemente passiva, ma in realtà molto aggressiva, che nasconde una rabbia inespressa.
Dostoevskij distingueva tre tipi di vigliacchi: i vigliacchi ingenui, convinti che le loro azioni siano ispirate alla più alta nobiltà; i vigliacchi vergognosi, cioè quelli che si vergognano della loro codardia, avendo però l’intenzione di continuare a essere vigliacchi; infine i vigliacchi purosangue, quelli che fanno della propria vigliaccheria uno strumento di potere.
L’abbandono metodico
A volte l’abbandono viene ripetuto, definendo così i ruoli di potere nella relazione. In “Avventure della ragazza cattiva”di Mario Vargas LLosa, l’amore struggente del nino bueno per la nina mala, rimane costante, in bilico tra entusiasmanti momenti di appagamento e cocenti abbandoni senza spiegazioni, in una geografia di apparizioni tra Lima, Parigi, Londra, Tokyo. La cilenita lo tiene sempre sul filo dell’incertezza, concedendogli la sua compagnia, senza mai accettare la sua proposta d’amore. Finchè, ogni volta, si perdono di vista, in modo burrascoso e, apparentemente, definitivo.
“Ormai sono passati molti anni perchè ti rimanga il minimo dubbio: ti amo tanto che farei qualsiasi cosa per tenerti accanto a me. Ti piacciono i gangster? Diventerò rapinatore, sequestratore, truffatore, quello che vuoi. Quattro anni senza sapere niente di te e adesso, riesco appena a parlare, per l’emozione di averti così vicina”
La nina mala non ha il fascino perverso che la sua condotta manipolatrice sembrerebbe suggerire. Risulta ripetitiva e alquanto prevedibile nella sua inaffidabilità. Il personaggio più riuscito è lui, con la sua umanissima debolezza, con il suo amore che cresce ad ogni incontro e ad ogni abbandono.
Rendersi indimenticabili
L’abbandono senza spiegazioni, infatti, è anche un modo puerile di rendersi indimenticabili. E’la stessa favola che ci si racconta quando si immagina il proprio funerale. Il pianto inconsolabile di chi ci ha perduto senza poterci dire addio, il fascino del sospeso, del non detto, che tiene uniti per sempre, in un misto di senso di colpa e rimpianto. Sembra che il non essere passati dal confronto di una separazione esplicitata e condivisa, quindi meno traumatica e più facilmente elaborabile, possa, paradossalmente, preservare l’amore di chi abbandoniamo. Non abbiamo detto, in fondo, la parola fine, nè visto il suo dolore e il suo sguardo deluso su di noi.
La tentazione di ritornare
Allora, dopo qualche tempo, ecco comparire su Facebook un like, un commento affettuoso ma formale, una specie di mazzo di fiori per farsi perdonare. Un modo per mostrare attenzione, ma non certo un rinnovato impegno. Solo così per segnare, in qualche modo, quel territorio a cui si crede di avere, incredibilmente, ancora accesso. L’abbandono senza spiegazioni è un modo per andarsene via leggeri, preservando solo se stessi. Tornare indietro dopo un comportamento di questo genere, come se niente fosse accaduto, è un tentativo di prendere il controllo della relazione. E’ un atteggiamento manipolatorio che può essere accettato da chi lo subisce, ma deve essere vissuto consapevolmente, fino alla prossima volta, sapendo che l’unico amore che si possiede è quello che si dà.
La ruota gira
Prima o poi una situazione che ci priva del mantello dell’invisibilità capita a tutti. Non sempre la fuga è possibile, potremmo incontrare sul nostro cammino qualcuno più veloce di noi. Allora il rischio è di ritrovarsi come un mollusco senza la conchiglia, senza la protezione della maturità emotiva, per non aver imparato il lessico del sentimento. E’ vero non è in nostro potere promettere i sentimenti, ma le azioni quelle si.
Una spiegazione o, meglio, una fine è sempre giusto darla. L’amore, anche non ricambiato, va sempre rispettato.
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Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.