Quando un amore finisce gli amanti si separano anche nei ricordi, nel modo di raccontare gli eventi. Lo spazio e il tempo non sono più gli stessi per entrambi. Chi viene lasciato rimane impantanato nel passato, chi lascia fugge verso il futuro, senza voltarsi. Il per sempre lascia il posto al prima e al dopo, ognuno si racconta la sua storia. Ma a chi dei due spetta il diritto di raccontare la verità su quell’amore?
Nel libro di Joao Tordo Biografia involontaria degli amanti, Il poeta Saldana Paris affida nelle mani del protagonista un manoscritto che l’ex moglie gli ha fatto avere prima di morire, in cui si presume siano raccontati i motivi del suo improvviso abbandono, anni prima. Non riesce a leggerlo da solo, il solo fatto di averlo ricevuto distrugge l’equilibrio precario, faticosamente raggiunto, dopo la fine del matrimonio.
Il problema delle parole non è quello che possono aiutare a ricordare. E’ quello che possono aiutare a distruggere. Ho paura di quello che può avere scritto su di me, ma anche di quello che può non avere scritto.
Mentre per quest’uomo l’incontro con la moglie è l’evento determinante della sua vita, per lei lui rappresenta solo una fase di transizione, una tregua dalla vera passione tormentata e violenta, che vive e racconta nel manoscritto. Su di lui nemmeno un cenno, nella biografia interiore di Teresa lui non c’è mai stato.
Capita che le biografie interiori degli amanti siano asimmetriche. Capita perchè nell’amare mettiamo tanta di quella immaginazione, siamo capaci di trasfigurare così tanto chi ci attrae, anche suo malgrado, che perdiamo facilmente il senso della realtà. In amore verità e falsità si intrecciano, soprattutto nel linguaggio, che gira a vuoto perchè deve dire il sentimento, ma anche dissimulare ciò che non si prova, avendo cura che le parole non siano smentite dai toni e dai gesti che le accompagnano. A volte ci sentiamo innamorati, ma non lo siamo. E’ la passione che agisce su di noi, ci mette in bocca dichiarazioni a cui non crediamo fino in fondo, perchè sappiamo che non dovremo poi davvero renderne conto. Pensiamo che sia necessario premiare con la durata, con la promessa del per sempre, l’intensità del desiderio che proviamo in quel momento.
In realtà, proprio perchè è irrazionale, è improbabile che la passione colpisca due persone allo stesso modo.
Uno ama di più, l’altro di meno. O meglio, uno attiva e costruisce la passione, sogna ad occhi aperti, si espone al gioco dell’illusione e della delusione, alimentando il suo desiderio con l’incertezza e il rifiuto di ogni placida sicurezza; l’altro risponde passivamente, si concede, si sottrae. Si fa travolgere ma non sconvolgere.
E quando la passione inevitabilmente termina, perchè la brevità è il prezzo da pagare per la sua totale assenza di limite, chi nella storia è stato un elemento attivo, colui che ha alimentato dentro di sè quel sogno impossibile, conserva nel ricordo tutta la forza di una trasfigurazione che è stata, prima di tutto, personale. Chi, invece, si è limitato a rivestire, senza grande convinzione, il ruolo che gli è stato assegnato di rappresentante di tutta la possibile umana felicità, una volta fuori dall’incantesimo, conserva, talvolta, una colpevole gratitudine per chi l’ha messo al centro del suo mondo, più spesso un certo fastidio perchè, non essendo in grado di ricambiare il sentimento allo stesso modo, si sente forzato ad amare, prigioniero del desiderio altrui. Allora la brutalità del finale riflette tutta l’insincerità dell’inizio.
Non conta quanto le storie siano state lunghe o ufficiali, nelle biografie interiori i grandi amori, quelli che continuiamo a raccontarci, sono quelli in cui ad amare, totalmente e ostinatamente, eravamo noi.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.