Questione di Timing. L’importanza di cambiare al momento giusto.

Il tempo non dovrebbe essere misurato in ore o minuti ma in cambiamenti.

Niente ci dà il senso dello scorrere del tempo quanto il tornare nei luoghi che ci hanno visti emotivamente coinvolti, nel bene o nel male. E poichè i luoghi sono, soprattutto, persone, sono le assenze che segnano il tempo. Le perdite imprimono il solco tra il prima e il poi, tra chi eravamo e chi siamo diventati. La morte si nasconde negli orologi diceva il Belli, a simboleggiare ciò che non resta mai uguale, il tempo della separazione, che rotola verso la sua fine.  Ci si può consolare pensando ad un tempo che non si allunga verso la fine ma si allarga, come diceva De Crescenzo, se lo imbrogliamo amando e vivendo più intensamente. Oppure affidarsi all’idea di un tempo che corre in linea retta, nella speranza che continui all’infinito e ci renda irraggiungibili, quando soffriamo e non riusciamo ad uscire dal labirinto delle emozioni negative. Tutto, in realtà, scorre, si sedimenta, si trasforma, si distacca da ogni contingenza, anche la più felice, da ogni impazienza, anche la più urgente.

Tutto intorno a noi invita alla rapidità, che è diventata un valore in sè. Tutti gli avvenimenti, indipendentemente dalla loro durata, diventano piccoli punti, collegati tra loro in un movimento senza sosta. La vita liquida, come suggerisce Bauman, è una vita di consumo, un continuum di nuovi inizi, in cui diventa di fondamentale importanza saper voltare pagina prima del punto del non ritorno. E’ una questione di ritmo, come nel racconto de Le Mille e una notte dove Sherazade, per salvarsi la vita,ogni notte incatena una storia ad un’altra, sapendo interrompersi al momento giusto, compiendo un abile gioco di continuità e discontinuità del tempo. Viviamo una vita scandita dalle separazioni, dalla paura di appesantirsi in una relazione, di lasciarsi sfuggire il momento in cui è necessario andarsene. Perchè, è inutile negarlo, chi lascia la scena prima della fine ha un indubbio vantaggio in termini di sofferenza. Le fini rapide e indolori sono necessarie per poter immaginare nuovi inizi. Saper lasciare è più importante del saper tenere. Muoversi in fretta, ciò che conta è la velocità non la durata. Rinascere ogni volta, cambiare vita diventa un valore che sostituisce la fedeltà a se stessi e agli altri. Meglio non investire totalmente su niente, avere molti amori, parziali, assolutamente non tragici. E chi continua a soffrire a lungo per amore sortisce lo stesso disagio che si prova quando qualcuno pretende di raccontare una barzelletta non essendone capace, perchè privo di ritmo.

La fine dei rapporti di amore ma anche di amicizia comporta un’ inevitabile ridefinizione del tempo. La narrazione degli eventi non è più condivisa, le vite si separano anche nei ricordi, nel raccontare un passato che non accomuna più. La memoria seleziona opportunisticamente, soprattutto se deve fare spazio al nuovo che incalza. Il tempo circolare, o l’assenza di tempo di chi si trova nella fase del tra di noi non finirà mai, scoprendosi inevitabilmente a termine, come ogni cosa, sarà sostituito dal ritorno al tempo lineare, dal prima di te e dopo di te, da un passato vissuto e un futuro ancora da ipotizzare. Anche in questo caso, saper lasciare andare è più importante del restare e del rivendicare. Un amore in frantumi conserva indubbiamente frammenti ancora carichi di significato, ma insistere nel combinarli tra loro alla ricerca di spiegazioni definitive o di vendette liberatorie non riporterà ad integrità ciò che è rotto, meglio fare un passo indietro e conservare la propria dignità per intero.

Ma sapere quando indietreggiare è un’arte che richiede indubbie doti di  tempistica e non riguarda soltanto la relazione con gli altri ma anche quella con se stessi.

Certamente si prova un grande disagio quando ci si accorge dell’impossibilità di impedire, sul proprio corpo, lo scorrere del tempo. Anche in questo caso è una questione di ritmi diversi. Nonostante gli sforzi sovrumani, sconosciuti alle generazioni precedenti, arriva un momento in cui si avverte chiaramente la perdita di sincronia tra mente e corpo. Il ragionamento veloce non è necessariamente migliore di un ragionamento ponderato ma comunica qualcosa di speciale proprio nella sua sveltezza. La rapidità profuma di giovinezza, e quando la mente corre da una parte e il corpo rallenta e se ne va da un’altra, prima ci si ribella, poi si tenta di resistere, infine ci si arrende. La vecchiaia è una patina che scende sullo sguardo. Anche in questo caso l’equilibrio tra continuità e discontinuità fa la differenza. Non è facile accettare di non essere più come prima. Cambiare il costume di scena prima di diventare ridicoli non è una cosa che riesce a tutti, ma fa la differenza. Sapere quando lasciare è più importante di restare, ancora una volte questione di timing.