Se vi è una magia in questo pianeta è contenuta nell’acqua. Lo sa bene Guillermo Del Toro che in The shape of water, oscar come miglior film e migliore regia, ambienta nell’acqua la sua favola gotica.
L’acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell’universo. Vale anche per l’amore non è vero?
Siamo nel 1962, piena Guerra fredda, in una Baltimora che sembra la Parigi del Favoloso mondo di Amelie. Una città resa decadente e surreale grazie all’uso di colori supersaturi in cui prevale il verde azzurro. Il colore dell’acqua appunto, a sottolineare la vicinanza, in fondo, tra il mondo dei due protagonisti, un mostro, metà uomo e metà pesce, e una ragazza Eliza, non a caso muta perchè con le corde vocali recise durante un’infanzia non proprio felice.
I limiti del linguaggio, infatti, costituiscono i limiti del mondo di ciascuno di noi, tutto ciò che io conosco è ciò per cui ho delle parole. L‘afasia della protagonista, quindi, sottolinea la sua estraneità rispetto al mondo a cui appartiene, ma anche la facilità di aprirsi all’inconoscibile, all’altro superando i confini della parola.
Non ci comprenderemo mai fra noi finchè non avremo ridotto la nostra lingua a più di sette parole ( K. Gibran).
Il rapporto che nasce tra questi due esseri, profondamente soli e diversi, si nutre di gesti elementari ed emozioni intense, in un crescendo erotico, perchè il sesso in questo film ha una funzione centrale. Eliza è una donna bruttina ma con una grande sensualità, che intuiamo già nel rito masturbatorio mattutino nella vasca da bagno. Il piacere, vissuto in modo naturale, è per lei un bisogno primario come mangiare e bere. Anche questo la avvicina alla creatura mostruosa.
Il sublime è l’orrore che affascina, perchè produce la più forte emozione che l’animo sia in grado di sentire, la passione dello stupore (E.Burke).
L‘erotismo del mostruoso ha trovato ampio spazio nel cinema. King Kong, ad esempio, sprigiona la sua carica seduttiva proprio grazie al suo essere una scimmia di proporzioni impensabili, che afferra e scuote la tenerissima Ann, sullo sfondo dell’Empire State Building.
La bestialità non è vista come una caratteristica negativa, viene tollerata.
Non c’è la visione edulcolorata della letteratura come nelLa Bella e la Bestia, dove l’insegnamento morale sotteso è che le donne con la gentilezza, l’umiltà e le buone maniere possono domare l’animo maschile, selvaggio e bestiale per natura. La conclusione di queste favole è sempre, infatti, la trasformazione di queste creature mostruose in cavalieri bellissimi, o dei rospi in principi azzurri.
Qui la bestialità è vista in modo positivo e attrae la protagonista, anche sessualmente, ponendola davanti ad una prospettiva di libertà, di vita selvaggia al di fuori delle costrizioni sociali.
Nella favola di Calvino Bellinda e il mostro, la fanciulla che rivela il suo amore al mostro, che aveva dovuto sposare per salvare il padre dai debiti, trasformandolo così, come da prassi, in un bellissimo cavaliere, esclama Ma io voglio il mostro!
Gigantismo a parte quello che innamora di questi mostri è la potenza del desiderio che esprimono, l’assoluta dedizione, la virile protezione che offrono.
Questo è un film di emozioni e sentimenti che sa dare un messaggio politico senza mai perdere lo stupore dello sguardo bambino.
Eliza sa andare oltre le apparenze, perchè coglie nella creatura marina la sua stessa diversità, quella solitudine che nasce dalla non accettazione per chiunque viva al di fuori delle spietate regole del mondo occidentale.
La fuga dal laboratorio, dove il mostro veniva studiato e torturato, rappresenta la vendetta di un universo che non ha mai avuto voce in capitolo fino a quel momento, l’incubo per una società e per una filosofia di vita che pretende di imporre la civiltà sulla natura, il cinismo sulla manifestazione dei sentimenti.
La notte in cui la creatura marina deve tornare al suo mondo piove ininterrottamente. Ancora una volta è l’acqua che media il passaggio da una dimensione ad un’altra. Quando Eliza, con un filo di voce, dichiara il suo amore al mostro non c’è nessuna metamorfosi umanizzante. E’ lei, invece, ad assumere le branche per essere accolta nell’Eden marino, lontana da un mondo di competizione tra forti e di emarginazione dei deboli.
L’acqua non oppone resistenza. L’acqua scorre. L’acqua non è un muro, non può fermarti. Va dove vuole. L’acqua è paziente. L’acqua che gocciola consuma la pietra. Noi siamo fatti per metà di acqua. Se non puoi superare un ostacolo, giragli intorno. Come fa l’acqua.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.