In amore non ci sono vittime. L’amore è un incastro perfetto tra due nevrosi.
It takes two to tango, dicono gli inglesi, per ballare il tango occorre essere in due. Quando i rapporti vanno male non è mai colpa di uno solo. Basta guardarsi intorno per convincersi che non esistono persone buone o cattive in assoluto, ma piuttosto combinazioni malriuscite tra le qualità di qualcuno e i vizi, che perfettamente le contraddicono, di qualcun altro.
La vita è fatta di incontri, ma anche di incastri, tanto più perfetti quanto più improbabili. E così la persona razionale e perfezionista perde la testa per quella folle e scombinata, quella evitante e sfuggente si frequenta con quella insicura e dipendente, quella gelosa e possessiva si tormenta inseguendo l’open-minded. Ci sono persone che fanno uscire il peggio di noi, o perlomeno quello che non ci piace essere. E’ vero vogliamo stare bene, ma anche farci del male ci appassiona. La colpa è di Platone. L’idea che amare significhi cercare ciò che ci manca, che per sentirsi vivi sia necessario soffrire, che la parte migliore dell’amore sia l’attesa dell’amore, quello che potrebbe essere ma non è. Che l’assenza, insomma, possa essere più importante di una presenza.
Le storie sembrano acquistare significato quando subentra il negativo. L’introduzione della nota tragica solleva l’amore più banale al rango di Amore, se c’è sofferenza c’è intensità, l’amore infelice diventa difficilmente archiviabile. Le persone che ci avvelenano la vita in qualche modo ce la riempiono. Litigare ci dà la contezza di esistere e l’illusione di non essere completamente soli.
La vera domanda che bisogna farsi quando si è invischiati con una persona che ci fa sentire come qualcuno in cui non ci riconosciamo fino in fondo, è quali inaccettabili parti di me, che mi ostino a nascondere anche a me stesso, questa persona mette in scena per me? Perchè se non accetto di essere distruttivo, lunatico, inaffidabile, collerico, geloso, dipendente, un po’ squilibrato finirò con l’innamorarmi di un qualcuno che lo è, in modo evidente, consentendomi così di vivere quei vizi, che razionalmente mi nego, per interposta persona. Finiremo col cercare qualcuno che si prenda la responsabilità di boicottare i nostri sogni, qualcuno a cui attribuire i nostri fallimenti, la nostra incapacità di essere felici, di essere buoni genitori, di amare ancora. In amore non ci sono vittime, l’amore è un incastro tra pari anche quando appare asimmetrico, anche quando sembra che uno ami più di un altro, che uno corra e l’altro insegua, che uno sia buono e l’altro cattivo.
L’amore è l’incastro che ci serve.
A volte cerchiamo già chi sappiamo ci farà soffrire perchè siamo curiosi di vedere le nostre reazioni, di scoprire cosa siamo capaci di fare, senza sentirci completamente responsabili del nostro desiderio. Cerchiamo un complice che metta in scena per noi la vita che ci affascina. In realtà legami così complessi e invischiati nascondono spesso la paura di vivere un’intimità troppo intensa. Freud parlava di una coazione a ripetere gli stessi errori nella vita sentimentale. Il bisogno di riprodurre cioè uno schema ripetitivo, che ci condanna al costante fallimento della relazione, o ricercando persone simili tra loro o riproducendo dinamiche simili, anche se con persone apparentemente diverse. E’ il ciclo karmico delle relazioni sentimentali. Ciò che è già noto, ci rassicura nella nostra identità, ci dà l’illusione della pienezza dell’amore.
Così ci sono uomini che sono succubi sia che abbiano a che fare con donne prepotenti, sia che vengano manipolati da donne dipendenti. Le tipologie di persone sembrano diverse ma la dinamica relazionale è la stessa. Allo stesso modo evita l’impegno amoroso sia chi si innamora sempre di persone sposate, sia chi insegue eterni Peter Pan in fuga dalle relazioni.
Nell‘Isola dell’abbandono di Chiara Gamberale la protagonista rivive il suo passato sentimentale di donna succube di un narciso patologico prima, amante per nove anni di un uomo sposato poi, sino al riscatto definitivo da dinamiche sentimentali sempre uguali, che la nascita di un figlio scardina per sempre. E’ infatti nei momenti in cui perdiamo il controllo della nostra esistenza, quando ci abbandoniamo a quello che non avevamo previsto che la vita irrompe e noi rischiamo di scoprire chi siamo veramente.
Che ci devo fare? la sua insanità mi interessa sempre, comunque più della sanità di tutti gli altri. Così rispondeva alle amiche che le chiedevano come facesse a sopportare tutti i tradimenti di Stefano. Per lui aveva rinunciato ai suoi bisogni, per il desiderio ostinato di aiutare quell’uomo, di salvarlo da se stesso. Con Stefano poteva parlare fino allo sfinimento, lui a disotterrare un ricordo di infanzia, lei a spolverarlo, provare a interpretarlo, restituirglielo nuovo, e le pareva così di scrivere la sua storia migliore, di fare la differenza, di assicurarsi un bonus contro la possibilità di essere di nuovo tradita, abbandonata, si sentiva ispirata, piena di significato, viva.
Uno dei tuoi problemi è che riesci a vivere l’amore e la felicità solo come se fossero degli amanti, lontani da casa tua, perchè la dipendenza a te la crea il vuoto. Non la crea quello che c’è.
Trovare negli altri, nell’insoddisfazione che ci procurano, il pretesto per non mettersi mai veramente in gioco, per non vivere con pienezza, per non soffrire veramente.
Litigare sempre, oppure non litigare mai sono atteggiamenti apparentemente antitetici ma ugualmente disfunzionali, ugualmente evitanti una reale intimità. Alla base lo stesso bisogno di restare in superficie, che consente di non sentirsi soli completamente e, nello stesso tempo, di non toccarsi mai psichicamente per davvero. Perchè stare insieme diventa uno dei tanti modi, senz’altro il più perverso, che la solitudine inventa per mascherarsi.
Ma d’altra parte, se sapessimo di cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.