Ricominciare tutto daccapo si può?
Ci sono persone che non riescono a cambiare niente della loro vita, stesso amore, stessi amici , stessi luoghi, sempre. La routine li conforta, li contiene, li definisce. Altri invece che mossi da inquietudine cercano il nuovo, resettano, ricominciano.
Chi è più illuso chi crede nell’amore “eterno” o chi cerca l’amore” vero”? Chi crede che l’amore sia conoscersi sino a riassumersi in poche parole o chi sente di amare solo quando accade una cosa nuova, un’emozione sconosciuta?
Andare o restare?
Il più grande torto che possiamo fare a noi stessi è non decidere, sperando che gli eventi lo facciano per noi. Machiavelli diceva che la Fortuna domina per metà la vita degli uomini, l’altra metà spetta a noi. Gettare l’ancora, restare immobili nell’illusione di evitare la tempesta, non ci mette al sicuro perchè non ci insegna a resistere alle onde. Meglio imparare a surfare, tenendoci ben stretto quel minimo controllo che ci resta sugli eventi che ci accadono. Restare aggrappati a qualcuno è più doloroso del lasciarlo andare via. Temiamo qualsiasi cosa che comporti una perdita del nostro equilibrio. D’altra parte la distanza tra quello che diciamo di volere e quello che facciamo non può essere nascosta a lungo.
I corpi ingannano sempre. Quando si conoscono troppo, lentamente tornano estranei, una distanza nuova, però, ormai incolmabile, dieci centimetri appena, dal piede alla sponda del letto. Quando non si conoscono ancora, si cercano fino a sfinirsi ma poi, inevitabilmente, cominciano a chiedersi: cosa facciamo? Si sposano tra loro, senza rendersene conto, senza volerlo, senza accordi. Il sesso, prima delle parole registra il cambiamento. Si fa l’amore per paura di perdersi e poi, all’improvviso, il gesto eroico diventa stanco, raro, impossibile.
La storia si ripete sempre uguale, anche quando sembra lanciata in avanti, in un futuro diverso, migliore. Dovremmo essere senza memoria per essere davvero felici. Intanto dimenticare la ragione per cui abbiamo scelto di cambiare, affinchè le nostre scelte continuino ad avere un senso. La verità è che quasi sempre pensiamo di lasciare delle persone ma in realtà lasciamo il modo in cui ci fanno sentire, quello che siamo diventati con loro e che non corrisponde a quello che pensiamo di essere. Non siamo noi stessi, cerchiamo un’autenticità che abbiamo perso o che non abbiamo mai avuto. Insomma è un’inquietudine, una sensazione che ha poco a che fare con un’analisi reale della situazione in cui siamo. Il problema è dentro di noi e dentro di noi rimane, anche quando fuori cambia tutto.
Ci sono mille ragioni per cui le storie d’amore finiscono. Ma ce ne sono altre mille per cui non finiscono mai. Ce le portiamo addosso, ce le portiamo dentro. Noi siamo il risultato di tutte quelle persone che abbiamo amato, la somma di chi eravamo, di come amavamo, di come siamo stati amati. Desideriamo una nuova vita, pensiamo di poterne vivere molte, ma la vita che viviamo è sempre la stessa, con tutte le stratificazioni di cui non possiamo liberarci: genitori, famiglie d’origine, figli, ex. Quando si è adulti gli amori nuovi sono sempre fragili, perchè nascono da una fuga dal passato.
Una fuga da chi ci ricorda come eravamo e non vogliamo più essere, da scarpe comode che diventano strette, all’improvviso, impedendoci di continuare a camminare.
Nel romanzo L’altra donna di Cristina Comencini la protagonista Elena ha una storia con un uomo di trent’anni più vecchio di lei. Si amano nell’ebrezza di un quotidiano senza complicazioni, senza raccontarsi le vite di prima, con leggerezza. La giovinezza rende lui orgoglioso, lei sicura del suo essere desiderata sempre. Finchè la ragazza scopre di aver intrattenuto un lungo rapporto epistolare con la moglie di lui, che le ha scritto sotto falso nome su un social e un giorno si presenta per conoscerla. Quello che accade non è l’esplosione di una rivalità tra donne. Il racconto rivela una grande verità. La gelosia nasce dall’immaginazione priva di freni e riscontri. Conoscersi, parlare, condividere lo stesso sentimento per un uomo in fasi diverse della vita, può far nascere una solidarietà strana, una consapevolezza nuova, la possibilità di liberarsi da timori infondati o sensi di colpa. Ma anche la fine dell’illusione che un rapporto possa essere totalmente nuovo, che si possa ricominciare da zero, vergini nei sentimenti più che nei corpi, che si possa conservare in eterno la leggerezza, la novità, il sesso senza racconto di sè.
“Non è più come una volta. Ora lei crede di sapere cosa penso e non dico, cosa dico e non faccio, cosa faccio e non dico. Io credo di sapere quando è nervosa, se le sta salendo la rabbia contro di me, se mi farà degli interrogatori, se mi darà dei voti.”
“Ora sapevo che non ci salva da soli, che siamo una catena di storie d’amore, una dentro l’altra, e che i fallimenti appartengono a tutti. Avevo perduto la leggerezza. Ero figlia di una serie di donne che erano venute prima di me e anche di quello che lui era stato con Maria.”
Gli inizi hanno un fascino indescrivibile ma le fini sono sempre scontate. Le altre o gli altri prima di noi non sono streghe o mostri da biasimare, sono quelli che i nostri amori hanno amato in fasi diverse della vita. Sono frammenti che restano in chi amiamo, parole, gesti che oggi amiamo noi. Noi siamo il nostro passato. Si nasce una volta sola.
Cambiare, spesso, è necessario per continuare a vivere, ma non è condizione sufficiente per essere felici.
“Non era questione di essere felici o infelici. Io non volevo più essere me.”
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.