A cinquant’anni è sempre settembre

Ho sempre amato settembre, sospeso tra la fine e l’inizio, ugualmente stanco di sogni realizzati e di promesse non mantenute, affogato in cristalline nostalgie, gravido di indicibili urgenze di vivere.

A cinquant’anni è sempre settembre.

Impari ad apprezzare l’estate, ma il riconoscimento è ormai tardo. Tutto rallenta e matura, i frutti si nascondono per paura che scosse nuove possano farli cadere, si resta sospesi tra una giovinezza sfacciata a cui non si vuole rinunciare e un nuovo modo di sentirsi, consapevolmente pieni, languidamente vuoti, stancamente inquieti.

Come quando l’estate scivola nell’autunno.

Eppure preferiamo di più dire L’estate che l’autunno, per paura

di mandare via il sole,

e quasi reputiamo un affronto 

ammettere la presenza

di chi, anche se incantevole, non è

colui che abbiamo amato 

(Emily Dickinson)

Modificare il modo in cui ci siamo sentiti per anni è difficile, anche quando il modo in cui ci sentiamo adesso ci piace, forse di più.

Se il tempo ha fatto bene il suo lavoro dovremmo, infatti, essere immuni dal potere che hanno su di noi quelli che non ci vogliono: amanti ingrati, genitori anaffettivi, amici indifferenti. Dovremmo aver imparato a gestire la gelosia, la paura irrazionale di essere sostituibili, rafforzando l’autostima e non il controllo sull’altro. Dovremmo aver cessato di correre per essere competitivi, aver compreso l’importanza di mantenere vivo il desiderio, di per se stesso. Quella tensione che ci tiene in vita anche se, o proprio quando, non si realizza mai.

Ma è complicato dipingere d’autunno il proprio immaginario, non lasciarsi travolgere dalla nostalgia di quel tempo in cui tutto sembrava possibile. Il tempo del corpo che mantiene le promesse, del progetto che prosciuga le energie, dell’amore che tormenta e che ferisce, del mai più e del per sempre.

Quella piacevole dolorosa consapevolezza che chiamiamo maturità e che consiste nell’accettare la propria esistenza senza agitarsi troppo, non ci libera dall’insopprimibile sensazione di essere aggrappati a qualcosa che non è più per noi, ma da cui non riusciamo a staccarci. Continuiamo a lanciarci in avanti, alla ricerca di un futuro prossimo, che ci consenta di oltrepassare quei confini ingiusti, che anni ingenerosi ci impongono. Cercare di invertire la somma algebrica, che da’ il meno come vincitore, richiede un grande sforzo di immaginazione e una certa dose di speranza.

La paura di diventare vecchi, purtroppo, non ci salva dal diventare vecchi. La vecchiaia è democratica.

Accade all’improvviso, senza passaggi intermedi. Si spegne una luce dentro, un velo opacizza lo sguardo, il sorriso si fa più dolce, rassegnato. Ci vuole molta forza di carattere quando viene a mancare quella del corpo, soprattutto per coloro che lo sovrastimano, temendo, forse, che dentro non ci sia nulla.

Come la Sibilla Cumana, il corpo invecchia ma il furore del dio Apollo continua ad abitarci.

A settembre, infatti, l’aria profuma ancora di gelsomini, il cuore è gonfio di nostalgia e rimpianto, ma un’ansia sottile ci possiede, l’idea che qualcosa di nuovo possa sempre accadere….

Mi butterei da quella stella spenta di malinconia, in questa urgenza di vivere e furia di sentire…so di esistere.

Gianna Nannini, Notti senza cuore.