E’più forte il bisogno di essere amati che quello di provare amore

E’ più forte il bisogno di essere amati che quello di provare amore

Idealizzare e, allo stesso tempo, temere i rapporti amorosi: questo è il leitmotiv del nostro piccolo mondo narciso.

L’investimento emotivo è concentrato tutto sulla propria soggettività, si cercano conferme e conformismi in cui riconoscersi. Chiamiamo sentimenti le emozioni, che ci si aspetta debbano essere sempre positive, anche se oscillano inevitabilmente tra momenti di ostentata sicurezza e grandiosità e momenti di paura di fallire e soffrire.

La difficoltà dell’amore si manifesta sia in coloro che temono l’intimità e la dipendenza e non vogliono impegnarsi, sia in chi, dando troppa importanza alle emozioni, finisce con l’essere deluso nelle aspettative e non riesce ad avere relazioni durature.

Essere innamorati fa sentire indifesi.

Per accedere alla felicità emotiva bisogna rendersi fragili e a nessuno oggi piace questa sensazione. Non si sta insieme per esplorare, per arricchirsi delle differenze reciproche, per andare oltre, piuttosto per riconoscersi e trovare conferme. L’amore viene razionalizzato perchè la vita potrebbe complicarsi in modo eccessivo.

E’ il trionfo dei monologhi autoreferenziali. Ognuno proietta sull’altro le sue fantasie ma si resta sconosciuti. Nessuno vuole rinunciare all’idea romantica dell’amore totalizzante ma si fa fatica a calarla in una quotidianità densa di compromessi. Il desiderio d’amore sembra essere l’antidoto perfetto all’insoddisfazione, alla solitudine, all’incertezza.

Nessuno vuole assumersi il rischio dell’amore.

E’ per questo che un film come Cold War sembra anacronistico e lascia un senso di incompiutezza per il finale tragico e irrazionale. L’amore passione tra Viktor, pianista colto e malinconico e Zula, ballerina dal passato oscuro, li vede incapaci di vivere separati ma anche di stare insieme; l’amore intenso, distruttivo, che mette a rischio la vita, che fa dimenticare di se stessi, non si usa più. E forse non fa più neanche paura, sembra sciocco, semmai, perchè non funzionale al benessere individuale.

Nel film la passione si esprime nel silenzio, nell’intensità degli sguardi che i due protagonisti si scambiano da lontano. Quando parlano, invece, si fraintendono, si allontanano, si frappone tra loro l’orgoglio e l’insicurezza.

Finalmente insieme a Parigi, le costanti conferme verbali di lui sono per lei ininfluenti. Zula si comporta in modo assurdo sperando che lui la salvi da se stessa e le confermi così il suo amore. Cerca di ferirlo, flirta tutta la sera con l’amico di lui, balla con altri sperando che Viktor la venga a prendere. La profonda insicurezza della propria amabilità, la paura di essere lasciata e tradita, le fa mettere in atto comportamenti che non sente, solo per vedere la reazione dell’amante, per metterlo alla prova. Lui legge questi comportamenti come disamore, non comprende che sono azioni per verificare il suo sentimento e per coinvolgerlo di più.

Le parole li dividono e determinano una distanza che solo azioni temerarie e suicide sembrano, alla fine, poter colmare.

Il bisogno di conferme

Oggi o si è molto centrati su di sè, oppure si è insicuri della propria amabilità. In entrambi i casi uomini e donne hanno costante bisogno di conferme, sentono, in questo periodo, più bisogno di essere amati che di provare amore. Si investe poco sul proprio desiderio, molto sul rendersi desiderabili. E si pensa che essere desiderabili abbia a che fare solo con l’estetica. L’idea malsana che la natura facit saltus, che si possa in qualche modo fermare lo scorrere del tempo, spinge uomini e donne a credere di poter essere sempre giovani, o perlomeno di sembrarlo, trasformandosi nella caricatura di se stessi.

Così se uno scrittore francese in cerca di visibilità afferma l’ovvietà che un corpo di venticinque anni sia più desiderabile di un corpo di cinquant’anni, l’ondata di indignazione si focalizza sull’estetica, sull’esibizione di corpi maturi, più o meno rifatti, che rivendicano parità di sodezza, magrezza, freschezza con quelli giovani, con l’aggiunta dell’esperienza amatoria acquisita, quella si, con gli anni.

Si preferisce così diventare oggetti, da valutare e soppesare, carne da vendere al mercato, fresca o ben frollata, consegnandosi passivamente all’altro, invece di rivendicare il proprio ruolo di interlocutore alla pari nella danza dell’attrazione.

Il desiderio è un ponte tra due persone che va attraversato ogni volta.

Il desiderio implica un rischio, impone un coinvolgimento con qualcuno che potrebbe rifiutarci, richiede una rinuncia a ciò che conosciamo e possediamo, a ciò che ci rassicura. Nasce dalla mancanza, dalla capacità di immaginare, di giocare, di fare piani per procurarsi ciò che si desidera.

Il desiderio è fatto di azioni non è verbale.

Le persone desiderano vedere il desiderio negli occhi degli altri ma non hanno voglia di correre il rischio di investire nel proprio desiderio, di mettersi in gioco realmente.

Addomesticare le emozioni

Addomesticare le emozioni ci fa muovere in una zona comfort che ci rassicura. Essere amati ci conferma in noi stessi. E pensiamo che essere amati significhi piacere e che per piacere sia necessario essere conformi ai modelli estetici imposti da una cultura nazionalpop.

Non vogliamo sentire di non possedere l’altro, avere paura di perderlo, attenderlo, perderci nella frustrazione di ciò che non riusciamo a raggiungere. Non vogliamo sentirci innamorati e vulnerabili. L’ideale che tutti perseguiamo è quello della realizzazione personale, che passa attraverso il non impegnarsi in un unico progetto. Gli altri vengono visti come fonte di soddisfazione narcisistica, ma anche di fastidi e di guai. Perciò si investe nella relazione il minimo sindacale. Il coraggio di dichiararsi innamorati non è da tutti, meglio mantenere i rapporti indefiniti e senza etichetta, per potersene andare via leggeri.