Come sopravvivere alla crisi di mezza età propria e altrui o, come canta Caparezza dimezza età tutto attaccato. Perché, diciamolo, il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza in linea retta, per cui l’uomo non può essere felice perché la felicità come affermava Kundera nell’”Insostenibile leggerezza dell’essere” è desiderio di ripetizione. La crisi di mezza età ha, infatti, a che fare con l’idea del non più, con la paura della morte. E’ quindi una fase di depressione che colpisce uomini e donne con qualche anno di scarto dovuto alla biologia e alla cultura.
LA DONNA
Nella donna il tempo dei bilanci comincia, infatti, intorno ai 40 anni.
La vita femminile è scandita da tappe biologiche significative. La comparsa del menarca, la gravidanza, la menopausa. Il corpo e gli ormoni dettano legge per cui intorno ai 40 anni si è nel pieno della maturità sessuale, solitamente si è dedicato la maggior parte del proprio tempo alla crescita dei figli o alla costruzione della famiglia per cui, ad un certo punto, esplode la voglia di prendersi il proprio spazio. C’è un’illusione di eterna giovinezza in questo riscoprirsi “ragazza” magari inseguendo un nuovo amore. La maggior parte delle separazioni avviene per iniziativa di donne intorno ai 40 anni.
Col passare degli anni, però, la biologia interviene in nostro aiuto. La menopausa, infatti, è un periodo non un evento. Le donne hanno il tempo di abituarsi, grazie al lento cambiamento ormonale, al fatto di invecchiare. C’è un certo lasso di tempo tra l’accorgersi di essere chiamata ”signora” e il momento in cui ci si scopre d’un tratto trasparenti agli occhi degli uomini. La menopausa ci salva dal ridicolo, tranne alcuni casi eccezionali. Ed infatti sui giornali e in televisione, quando si parla di menopausa si parla di alimentazione e ginnastica, di yoga e di pilates, di come vincere il calo di desiderio, del ruolo rassicurante che il partner può giocare nel farti sentire ancora desiderata anche se un po’ “imbolsita”.
L’inconscio, purtroppo, non distingue il vero dal falso essendo un insieme strutturato di desideri. Ignora la vecchiaia. L’immagine di noi stessi si fonda su quella che gli altri hanno di noi. È l’altro a farci da specchio come illustra Lacan. Della nostra immagine non facciamo nessuna esperienza diretta. La vecchiaia comporta sempre una crisi di identità, uno sdoppiamento.
Come aderire alla nuova immagine di noi stessi che ci rimandano gli altri o certe foto impietose? Se si ha la capacità di rifiutare di diventare delle sempre giovani obbligate a travestimenti estetico chirurgici che escludono la possibilità e il diritto di ognuno al cambiamento, si riesce a comprendere che l’unico modo per aggirare l’enigma del tempo non è negarlo ma entrarvi dentro in pieno.
L’UOMO
A differenza della donna la biologia non aiuta l’uomo a mantenere il senso del limite, negli ultimi anni, anzi, anche la chimica, modificando la naturale parabola della potenza sessuale maschile, gioca a suo sfavore.
Sono aumentati, infatti, in modo esponenziale i divorzi nella terza età. Gli uomini sono sempre inclini a dimostrare qualcosa. Quando intorno ai 50 anni si fermano a fare un bilancio tra egli obiettivi prefissati e quegli raggiunti, soprattutto se il bilancio è positivo, si rimettono in gioco, ricercano la giovinezza come momento in cui ci si sente invincibili, pronti a conquistare il mondo, evadendo le responsabilità e gli impegni presi in precedenza.
Ricercano adrenalina e divertimento, una Lei più giovane nell’illusione di sfuggire i primi cedimenti fisici.
Nel riordino delle priorità mettono al primo posto se stessi, vivono un ritorno alla fase confusa dell’adolescenza. Quando si perde il principio di realtà si può distruggere la propria vita sociale e affettiva per poi rendersi conto, dopo qualche tempo di aver ricreato situazioni simili al passato e, a volte più temibili e angoscianti, magari con nuovi figli da crescere proprio nel momento in cui si vorrebbe tornare ad essere liberi e spensierati.
In questi momenti la moglie diventa la materializzazione del tempo che avanza, un’immagine speculare in cui non ci si vuole riconoscere, comincia l’evitamento, la ricerca di interessi fuori dalle mura domestiche.
La crisi che esplode trova, il più delle volte la compagna alle prese con i cambiamenti fisici dovuti alla menopausa. Diventa fondamentale che la donna viva l’allontanamento del partner come crisi esistenziale sociale non come abbandono.
Il desiderio di cambiamento non va mai demonizzato ci dice che siamo vivi. Certo l’inquietudine che da giovani ci spinge a grandi trasformazioni dovrebbe lasciare il posto alla consapevolezza e a scelte ponderate.
Prendere tempo potrebbe essere l’unica soluzione. L’attenuarsi dell’ebrezza giovanilistica porterà ad un risveglio del senso del ridicolo che salverà il malcapitato da se stesso.
Il tempo è un’emanazione bidimensionale si può estendere in lunghezza o in larghezza, diceva Luciano De Crescenzo in “Così parlò Bellavista”, se tu vivi allungandolo a 60 anni avrai 60 anni, ma se tu vivi il tempo allargandolo, facendo cose nuove, innamorandoti, allora a 60 anni ne avrai solo 30.
Questo non significa vivere da trentenne quando ne hai 60. Dopo i 40 anni in discoteca sei figo solo se la discoteca è tua. Ci sono tempi e luoghi, ogni tanto si può compiere “un’escursione” nella consapevolezza che quello non può essere il tuo posto.
Non sentirsi vecchi come condizione dello spirito deve tradursi nell’avere voglia di vivere e di fare cose nuove non di rivivere qualcosa che si è già fatto e che non torna più. Sarebbe come negare il cambiamento come diritto personale e come legge dell’esistenza.
Mi chiamo Alessandra Pennetta, sono un’insegnante di Storia e Filosofia, divorziata, fidanzata. Ho due figli di 17 e 21 anni, una madre ottantenne, un bassotto pelo ruvido. L’idea di fare un blog nasce dal piacere di comunicare, di dare e ricevere consigli, di stare al mondo con una postura nuova, affrontando gli eventi in modo attivo, tonico, personale.